Disturbo affettivo stagionale
Il disturbo affettivo stagionale consiste nella presenza di episodi depressivi
in alcuni periodi specifici dell'anno, in assenza di episodi non stagionali.
Disturbo affettivo stagionale
Definizione
Definito per la prima volta da Norman E. Rosenthal nel 1984, il disturbo affettivo stagionale (SAD) è descritto nella quinta edizione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5) come Disturbo Depressivo Maggiore ricorrente con andamento stagionale.
È caratterizzato da un pattern di esordio e remissione di episodi depressivi maggiori in periodi dell’anno caratteristici, con assenza di episodi non stagionali, durante un periodo di almeno due anni. Ai fini diagnostici, gli episodi depressivi stagionali devono superare numericamente in modo sostanziale gli episodi depressivi non stagionali che possono essersi verificati durante l’arco di vita dell’individuo. La diagnosi di disturbo affettivo stagionale non è applicabile a quelle situazioni in cui il pattern è meglio spiegato da fattori psicosociali stressanti collegati a determinati periodi dell’anno, per esempio la disoccupazione stagionale (American Psychiatric Association, 2014).
La modalità di presentazione prevalente è la “forma invernale”: la sintomatologia depressiva ha inizio durante la stagione autunnale, raggiunge il massimo dell’intensità durante la stagione invernale e si risolve, parzialmente o totalmente, all’inizio della stagione primaverile.
Esiste anche una “forma estiva” del disturbo affettivo stagionale: gli episodi depressivi si presentano all’inizio della stagione primaverile, raggiungono il culmine nel periodo estivo e si risolvono all’inizio della stagione autunnale.
Prevalenza
Il DSM-5 riferisce un aumento della prevalenza della forma invernale del disturbo affettivo stagionale all’aumentare della latitudine geografica e un maggior rischio per persone più giovani. L’età di esordio è stimata tra i 18 e 30 anni ed i tassi di prevalenza del disturbo nel genere femminile sono circa quattro volte superiori a quelli nel genere maschile (Melrose, 2015).
Sintomi
Rosenthal et al. (1984) hanno indicato le differenze cliniche del disturbo affettivo stagionale rispetto alla depressione endogena a partire dai sintomi: nel disturbo affettivo stagionale sono presenti ipersonnia, iperfagia e aumento ponderale mentre insonnia, anoressia e perdita di peso caratterizzano la depressione endogena.
Melrose (2015) ha rilevato i sintomi della forma invernale del disturbo, che sono centrati su umore triste ed astenia: i soggetti affetti da disturbo affettivo stagionale possono sentirsi tristi, irritabili e possono piangere frequentemente; sono stanchi e letargici, hanno difficoltà di concentrazione, dormono più del normale, mancano di energia, diminuiscono i loro livelli di attività, evitano situazioni sociali, hanno un forte desiderio di carboidrati e zuccheri e tendono ad ingrassare per eccesso alimentare.
Al contrario, i sintomi del meno frequente pattern estivo del disturbo sono inappetenza associata a perdita di peso, insonnia, agitazione, irrequietezza, ansia, irritabilità e perfino episodi di comportamento aggressivo (Melrose, 2015).
Il SAD può variare per gravità dei sintomi, da una forma più leggera o subsindromica (S-SAD) a forme più invalidanti con compromissione del funzionamento. Possono essere presenti ideazioni suicidarie (Melrose, 2015).
Cause
L’ipotesi clinica di Rosenthal e collaboratori era che i pazienti fossero più vulnerabili alla depressione in autunno o in inverno in reazione a eventi di vita stressanti, ma che tali eventi da soli non svolgessero un ruolo di primo piano nelle depressioni. La caratteristica clinica principale, osservata nei pazienti affetti da disturbo affettivo stagionale, è la loro sensibilità a cambiamenti di stagione e latitudine e la ricorrenza quasi annuale dei loro episodi depressivi. Rosenthal et al. (1984) propongono, come variabili climatiche rilevanti, la lunghezza del giorno, le ore giornaliere di sole e la temperatura, tutte correlate tra loro.
Recenti studi condotti dalla dottoressa Brenda Mc Mahon e colleghi dell’Università di Copenaghen hanno rilevato una correlazione tra i livelli di serotonina ed il disturbo affettivo stagionale. Le persone che sviluppano il disturbo affettivo stagionale avrebbero difficoltà nella regolazione della serotonina, neurotrasmettitore ritenuto responsabile della stabilizzazione dell’umore, e nei livelli di SERT, proteina che trasporta la serotonina.
McMahon e colleghi hanno scoperto che nei pazienti affetti da disturbo affettivo stagionale i livelli di SERT aumentavano con il diminuire delle ore di luce, con una fluttuazione del 5% circa, mentre soggetti sani non hanno mostrato cambiamenti nei livelli di SERT.
Più alti livelli di SERT conducono ad una minor attività della serotonina, causando depressione.
Durante l’estate, la luce solare generalmente mantiene i livelli di SERT bassi in modo naturale. Quando la luce solare diminuisce in autunno, vi è una corrispondente riduzione dell’attività della serotonina (McMahon et al., 2014).
Altri ricercatori (Lewy, Lefler, Emens & Bauer, 2006) hanno ipotizzato che soggetti affetti da disturbo affettivo stagionale possano avere difficoltà anche con la sovrapproduzione di melatonina. La ghiandola pineale, che produce melatonina rimuovendo la serotonina, aumenta a dismisura con il diminuire della luce: quando i giorni invernali diventano più bui, la produzione di melatonina aumenta e, come risposta, soggetti con disturbo affettivo stagionale si sentono assonnati e letargici.
La combinazione di ridotta serotonina e aumentata melatonina influenza i ritmi circadiani, o orologi interni, che sono sincronizzati per rispondere ai cambiamenti ritmici luce-buio che occorrono giornalmente e durante ciascuna stagione. Per i soggetti con disturbo affettivo stagionale, è stato rilevato che il segnale circadiano che indica un cambiamento stagionale della lunghezza del giorno è temporizzato diversamente, rendendo più difficile l’adattamento corporeo (Wehr et al., 2001).
Inoltre, una minor esposizione della pelle alla luce del sole durante l’inverno causerebbe una minor produzione di Vitamina D nei soggetti con disturbo affettivo stagionale (Anglin, Samaan, Walter & McDonald, 2013). Una mancanza o insufficienza di Vitamina D sono state associate con sintomi depressivi clinicamente significativi (Kerr et al., 2015).
Melrose (2015) ha confermato un’associazione tra serotonina, melatonina, ritmi circadiani, Vitamina D e disturbo affettivo stagionale, ma non ha dimostrato una relazione causale tra tutte le variabili studiate.
La Light Therapy
La Light Therapy (LT), o fototerapia, è considerata il trattamento “gold standard” per la cura del disturbo affettivo stagionale (Rohan, Lindsey, Roecklein & Lacy, 2004). Prevede l’esposizione quotidiana, durante i mesi in cui è presente la sintomatologia depressiva, ad una fonte luminosa artificiale d’intensità pari a 10.000 lux, prodotta con apposite lampade dotate di filtri per i raggi ultravioletti. Si tratta di un’intensità di luce circa 20 volte superiore all’intensità media della luce in una stanza (Horowitz, 2008).
Già nel 1984, Rosenthal e collaboratori avevano ipotizzato che estendere il fotoperiodo, attraverso l’utilizzo della luce artificiale luminosa bianca, avesse un robusto effetto antidepressivo nel disturbo affettivo stagionale.
Uno studio di Terman e collaboratori ha concluso che il 53,3% dei soggetti affetti da disturbo affettivo stagionale (il 43% di quelli con un disturbo moderato-grave) ha manifestato un miglioramento clinicamente significativo dei sintomi depressivi con il trattamento Light Therapy (Terman et al., 1989).
Studi successivi hanno indagato se la risposta al trattamento dipendesse dall’esposizione alla luce durante un orario particolare o fosse indipendente da quando la persona è esposta alla luce durante il giorno. Terman e Terman (2005) hanno rilevato che una settimana di trattamento al mattino produceva un tasso di remissione più alto (53%) rispetto alla sera (38%) o a mezzogiorno (32%). Due sessioni giornaliere non producevano beneficio rispetto alla sola esposizione mattutina. Per consentire il trattamento mattutino giornaliero a lungo termine, considerando che la maggior parte dei pazienti dovrebbe svegliarsi prima del solito, gli studiosi hanno concluso che il trattamento della durata di 30 minuti ad un’intensità di 10.000 lux sia quello più efficace; intensità inferiori richiederebbero una maggior durata di esposizione.
Per quanto riguarda la durata del trattamento, Knapen e collaboratori (2014) hanno misurato la variazione della gravità dei sintomi depressivi in pazienti affetti da disturbo affettivo stagionale che hanno ricevuto una o due settimane di Light Therapy. Utilizzando la scala ‘Structured Interview Guide for the Hamilton Depression Rating Scale-Seasonal Affective Disorder’ (Williams et al., 1998), i ricercatori hanno dimostrato che non ci sono differenze significative nella riduzione della sintomatologia tra i due gruppi, suggerendo che una settimana sia una durata sufficiente di trattamento. Knapen e collaboratori hanno però rilevato una differenza nella velocità di riduzione dei sintomi depressivi, che è stata maggiore nei soggetti sottoposti ad una settimana di Light Therapy rispetto a soggetti con due settimane di terapia. I ricercatori hanno inoltre rilevato una relazione causale tra risposta terapeutica attesa ed effettiva, limitata però al solo genere femminile: se una donna ha una maggior aspettativa dei risultati, l’esito terapeutico sarà migliore.
Se tali risultati fossero confermati da ulteriori ricerche, la Light Therapy per disturbo affettivo stagionale potrebbe essere di minor durata e dovrebbe essere accompagnata dal messaggio che un trattamento di breve durata è molto efficace per ottenere il miglior risultato (Knapen, Werken, Gordijn & Meesters, 2014).
Gli effetti collaterali della Light Therapy includono affaticamento oculare, maggior rischio di degenerazione maculare legata all’invecchiamento, mal di testa, irritabilità e disturbi del sonno (Melrose, 2015). La Light Therapy non dovrebbe essere usata in combinazione con medicinali fotosensibilizzanti come litio, melatonina, antipsicotici fenotiazinici ed alcuni antibiotici. In alcuni casi, possono esservi episodi ipomaniacali o ideazione suicidaria, specialmente nei primi giorni di trattamento (Terman & Terman, 2005).
Altri trattamenti
Dato che il disturbo affettivo stagionale, come altri stati depressivi, sembra sia associato a una disfunzione dell’attività della serotonina a livello cerebrale, antidepressivi di seconda generazione, come gli Inibitori selettivi della ricaptazione di Serotonina (SSRIs), in particolare fluoxetina, si sono rilevati come trattamenti farmacologici efficaci (Morgan et al., 2015).
Rohan et al. (2015), propongono un adattamento della terapia cognitiva tradizionale della depressione per soggetti affetti disturbo affettivo stagionale. La CBT-SAD si basa su attivazione comportamentale e ristrutturazione cognitiva. Propone l’identificazione e la pianificazione di eventi piacevoli per fronteggiare l’anedonia invernale. La ristrutturazione cognitiva, oltre a puntare il tipico contenuto dei pensieri depressivi, mette in discussione i pensieri negativi tipici della stagione invernale, ad esempio buio e clima freddo. Il protocollo d’intervento si conclude con un piano personalizzato di prevenzione delle ricadute.
Rispetto alla terapia cognitiva standard della depressione, la CBT-SAD necessita di un programma condensato per permetterne la conclusione entro la primavera (2 sedute a settimana da 90 minuti per un periodo di 6 settimane).
Melrose (2015) suggerisce un trattamento combinato di antidepressivi, fototerapia, Vitamina D e intervento psicoterapeutico. Quando i sintomi depressivi non sono gravi, l’autore raccomanda programmi che aiutano i pazienti a migliorare la loro dieta limitando amidi e zuccheri, incrementare l’attività fisica, regolare il loro stress, evitare ritiro sociale e trascorrere più tempo all’aria aperta (Melrose, 2015).
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