Depressione, le terapie ci sono ma solo il 17% segue cure adeguate
Con terapie giuste una persona che si ammala di depressione maggiore ha 7 possibilità su 10 di guarire. Perché oggi in psichiatria esistono cure mirate che permettono di lasciarsi la malattia alle spalle. Questo però, finora, sulla carta. Perché anche se esistono possibilità concrete, c’è un “treatment gap”, la “distanza” che tuttora esiste fra ciò che potrebbe essere fatto e ciò che realmente si fa per trattare i disturbi mentali. Un allarme che emerge dai dati presentati al Congresso nazionale della Società italiana di psichiatria (Sip), svoltosi al Lingotto di Torino.
• LO STUDIO
Secondo uno studio dell’Organizzazione mondiale della sanità su 21 paesi, compresa l’Italia, pubblicato su Psychiatric, solo il 23% delle persone affette da depressione maggiore nei paesi ad alto reddito (e solo il 2% in quelli a basso reddito) riceve un trattamento rispondente a criteri minimi di adeguatezza dal punto di vista delle evidenze scientifiche di efficacia. Il problema è che spesso la malattia non viene diagnosticata. Circa la metà delle persone oggetto della ricerca e il 65% nei paesi ad alto reddito, non aveva percepito la propria depressione come una patologia da curare. Considerando solo coloro che avevano richiesto di essere curati, il 43% del campione risultava aver avuto terapie e quindi una cura adeguata.
• FANALINO DI CODA IN EUROPA
Dalla ricerca emerge che in Italia su 100 persone affette da depressione alla fine solo il 17% riceve terapie per una cura adeguata, un dato inferiore alla media degli altri paesi ad alto reddito (23%). “Questi dati – spiega Bernardo Carpiniello presidente Sip– fanno emergere il vero dato chiave, cioè che ancora oggi una percentuale molto alta di persone non ricorre alle cure perché la depressione non viene percepita, anche quando evidente, come patologia da curare. Non solo. Anche quando ci si rende conto del bisogno di essere aiutati, spesso non si ricevono le cure più adeguate al caso, col risultato finale che solo una esigua minoranza di persone che avrebbero bisogno di cure risulta adeguatamente curata. Questo dato fa rabbia, perché oggi la depressione maggiore può essere guarita. Guarigione è un termine che non si usa mai con leggerezza, ma in questo caso possiamo farlo senza timore”.
• MALATTIA POCO CONOSCIUTA
I dati indicano dunque da un lato una ancora ridotta conoscenza di cosa sia la depressione, dall’altro l’ancora inadeguata diffusione di cure realmente efficaci. Un problema che riguarda anche altre malattie psichiatriche. “Risultati analoghi sono stati riscontrati anche nella ricerca dell’Oms sui disturbi d’ansia. Nel nostro paese colpisce in un anno il 6,5% della popolazione generale e appena il 30% riceve una qualche forma di trattamento. Solo il 9% una cura considerabile come adegua – spiega Claudio Mencacci, già presidente Sip e direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli-Sacco di Milano –. Ancora oggi l’obbiettivo è far sì che la popolazione conosca e riconosca questi disturbi come tali, superi lo stigma e la paura di essere discriminata e acceda a terapie e cure adeguate”. Per questo motivo da cinque anni la Sip ha avviato una campagna per stimolare le Istituzioni per dare il via a una campagna nazionale contro la depressione. Ci auguriamo che questa fase politica possa consentirci di realizzarla”.
• COMBATTERE LO STIGMA
Dal 2013 la Sip sta cercando di stimolare le istituzioni per dare il via a una campagna nazionale sulla depressione. Un obiettivo che punta anche a combattere lo stigma su queste patologie. Una maggiore consapevolezza sulle cure aiuta anche a fare uscire dall’isolamento pazienti e familiari. “Appare indispensabile implementare nei dipartimenti di salute mentale le procedure e le innovazioni terapeutiche che permettono la “guarigione” delle persone, sia per le patologie gravi come la schizofrenia e il disturbo bipolare, sia per quelle più comuni come l’ansia e la depressione – spiega Enrico Zanalda, segretario della Sip e direttore del dipartimento di salute mentale dell’Asl To3 –. Psichiatri ben informati scientificamente che possono utilizzare con maggiore agio e sicurezza gli strumenti terapeutici oggi disponibili, tutelano meglio la salute dei pazienti e il rischio di “burn-out” di loro stessi ”.
Fonte: repubblica.it
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