6 film sulla depressione, da Melancholia a Vivere
Il più delle volte i film sulla depressione, come del resto quelli che affrontano altri disturbi mentali, la rappresentano in un modo che contiene informazioni almeno in parte sbagliate, informazioni che finiscono però con l’alimentare stereotipi e pregiudizi.
I film sulla depressione di solito la descrivono in modo semplicistico sia rispetto ai sintomi sia rispetto al trattamento e in essi la depressione è spesso legata a un trauma che viene magicamente superato alla fine del film, magari grazie all’affetto di qualcuno.
Quali film sulla depressione, allora?
Esistono però dei film sulla depressione in cui quest’ultima è affrontata in modo sensibile e complesso, lontano da banalizzazioni. Film che possono aiutare a farsi un’idea abbastanza corretta di cosa significhi essere depressi.
Ehm, attenti a non deprimervi
1. Melancholia, 2011, Lars von Trier
Storia di due sorelle e della fine del mondo. Justine, in una stessa giornata, si sposa, tradisce il marito e si fa lasciare,aggredisce il suo datore di lavoro e si fa licenziare. Justine cerca la normalità della vita nel matrimonio, ci prova, ma, nel giorno in cui, come le dice il cognato, deve essere felice, si allontana o fa allontanare da lei tutte le persone care. Tutte tranne la sorella Clare, che di Justine prova a prendersi cura.
Per Justine nulla ha un senso, anzi, in una visione cosmica, “la Terra è malvagia”. Depressa, Justine dorme tutto il giorno, ha bisogno di aiuto per farsi il bagno, le sembra che il cibo abbia il sapore della cenere. Per Leo, il nipotino, è però la zietta Spezzacciaio. Sarà proprio Justine a proporre a Leo la costruzione di un rifugio immaginario (la grotta magica) per salvarsi dalla collisione con il pianeta Melancholia.
Film sulla depressione molto, molto impegnativo.
2. 5 giorni fuori (It’s Kind of a Funny Story), 2010, Anna Boden e Ryan Fleck
Craig ha sedici anni. Su di lui incombono le aspettative del padre e il confronto con Aron, il suo migliore amico, confronto da cui sente di uscire sempre perdente. Craig pensa di suicidarsi e reagisce a questa idea chiedendo aiuto. Viene così ricoverato per cinque giorni in una clinica psichiatrica.
Craig impara a esprimere agli altri ciò che prova, riesce ad affrontare il suo non sentirsi all’altezza delle richieste che gli provengono dagli adulti. Scopre le tante risorse al suo interno.
Un film sulla depressione che non è deprimente: un miracolo!
3. Revolutionary Road, 2008, Sam Mendes
April e Frank sono una giovane coppia felicemente sposata, con due bambini, una bella casa e una vita ben all’interno dei canoni sociali dell’America degli anni Cinquanta. Abitano a Revolutionary Road, nel Connecticut. Lo spettacolo teatrale di April è stato un fiasco e la sua carriera come attrice non proseguirà. Frank, come prima di lui il padre, fa l’impiegato negli uffici della Knox, impegnato in un lavoro che detesta.
Insoddisfatta di sé e della sua vita, April si illude che, se si trasferissero a Parigi, potrebbero realizzare i loro desideri. Parigi diventa così un sogno in cui investire energie e speranze, un sogno che svanisce quando April si scopre incinta e a Frank è offerta una promozione. April vorrebbe abortire, ma Frank, mosso dalla possibilità di riscattare l’immagine del padre di cui in ufficio nessuno si ricorda più, non è d’accordo e fa sentire April una madre incapace e inadeguata.
Crollata la fantasia di un’esistenza nuova a Parigi, April progressivamente si spegne. Pian piano, si svuota d’energia e diventa sempre più cerea. Alla fine, di lei resta solo il guscio e le sue movenze sono quelle di un automa senza vita.
4. The Hours, 2002, Stephen Daldry
The Hours è la storia di tre donne di epoche diverse, accomunate dal romanzo di Virginia Woolf Mrs. Dalloway, dalla depressione e dal sentirsi distanti ed estranee rispetto al mondo in cui vivono. La prima è la stessa Virginia Woolf che nel 1923 comincia a scrivere Mrs. Dalloway: nel 1941, al culmine di una depressione con cui convive da sempre, si ucciderà. Virginia Woolf vive nella paura che le crisi depressive che ha vissuto in precedenza tornino. Ha lo sguardo cupo e spento, mangia poco, trascura il suo aspetto, trascorre il tempo isolata nella sua stanza, la sigaretta sempre accesa.
Nel 1949, a Los Angeles, Laura Brown sta leggendo Mrs. Dalloway. Apatica, interessata solo a fuggire dalla realtà tramite la lettura, si sente in colpa perché non è felice con ciò che il marito le dà. Il figlio, Richie, percepisce il suo dolore e cerca di infonderle vitalità mostrandole l’amore che ha per lei. Incapace di “nutrirsi” con ciò che le proviene dalla famiglia, Laura va via: non riesce a uccidere se stessa e, per sopravvivere, sceglie di uccidere la sua famiglia.
Nel 2000, a New York, Clarissa Vaughn sta preparando una festa per Richard. Clarissa vede nel prendersi cura di Richard, che è malato di AIDS e con cui ha avuto una storia d’amore ora finita, l’unica cosa che dia senso alla sua vita. Richard le ha affibbiato il nomignolo Mrs. Dalloway e, citando il romanzo, dice: “Oh, Mrs. Dalloway, dai sempre feste per coprire il silenzio”, sottolineando in questo modo che le feste servono a Clarissa per nascondere quanto la sua vita sia vuota.
Richard è il figlio di Laura, che nel frattempo è diventato scrittore e soffre anche lui di depressione: è triste, pessimista, indifferente, arrabbiato, solitario, in preda al senso di vuoto e a vissuti di inettitudine. Nel giorno in cui riceverà un premio letterario, Richard si suicida, buttandosi dalla finestra.
Storie differenti e parallele, un film sulla depressione in cui la depressione porta a scelte e a esiti diversi.
5. Interiors, 1978, Woody Allen
Eve è un’apprezzata arredatrice d’interni. Quando, durante una cena alla quale partecipano anche le tre figlie ormai trentenni, il marito Arthur le comunica che vuole andar via, la depressione di cui Eve soffre da tanti anni si acuisce.
Eve è interamente dipendente da Arthur e non tollera alcuna separazione: la morte le sembra preferibile. La crisi scatenata dalla partenza di Arthur ricade anche sulle figlie e le relazioni che hanno con la madre. Anche due delle figlie sono a loro volta depresse: Renata, poetessa di successo che da un anno non riesce a comporre e che non intravede più alcun senso nella sua arte, e Joey, che sente il bisogno di esprimere le sue emozioni in modo artistico pur ignorando in quale direzione. In particolare, Joey teme che la madre tenti il suicidio e trascorre molto del suo tempo con lei; questo non la salva però dal sentirsi in colpa né le garantisce l’amore della madre, che continua a preferirle Renata.
6. Vivere (Ikiru), 1952, Akira Kurosawa
Watanabe è vedovo. Da trent’anni conduce la stessa vita grigia e anonima lavorando come capufficio della sezione civile. Un giorno scopre di avere un tumore allo stomaco. L’angoscia suscitata da questo tragico evento lo spinge a constatare di non avere in realtà mai vissuto.
Watanabe cerca invano di annegare il suo dolore nell’alcool. Disperato, non va più in ufficio. Una mattina incontra per caso Toyo, una giovane collega. Watanabe comincia e frequentarla, affascinato dalla gioia di vivere che anima Toyo e dalla sua energia. Toyo gli racconta del suo nuovo lavoro, in cui assemblea coniglietti di pelouche, e lo incoraggia a impegnarsi in qualcosa. Watanabe ricorda che poco tempo prima aveva archiviato una richiesta avanzata da alcune cittadine: la trasformazione di una zona paludosa in un parco giochi per bambini. Questo diventa lo scopo dei cinque mesi che gli rimangono e assume il senso del suo unico progetto vitale. Le autorità non riconoscono l’impegno di Watanabe nella realizzazione del parco giochi e, il giorno dopo il suo funerale, nessuno si ricorda più di lui.
Il tumore manda in frantumi la vita ripetitiva e piatta di Watanabe e fa esplodere una depressione in lui presente da anni. Per gestire l’angoscia della morte e la depressione, Watanabe sfida le lentezze della burocrazia e si appassiona a un progetto di vita che gli sopravviva, il parco giochi.
Film sulla depressione e, aspetto forse anche più interessante, sul come gestirla.
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