La ricerca del Vanderbilt Institute of Chemical Biology sui topi di laboratorio. Gli studi clinici sull’uomo potrebbero aprire la via alla creazione di un innovativo farmaco contro i disturbi dell’umore.
NEW YORK – E’ stata scoperta una nuova potenziale strategia per trattare l’ansia. Punta sugli inibitori modificati chimicamente dell’enzima COX-2, capaci di attivare endocannabinoidi naturali nei topi, senza effetti collaterali gastrointestinali. Gli endocannabinoidi sono molecole naturali di segnalazione che attivano i recettori dei cannabinoidi nel cervello, gli stessi stimolati dalla marijuana, presenti anche nel sistema gastrointestinale e in altre parti del corpo e conosciuti per svolgere un ruolo importante nella modulazione dello stress e dell’ansia.
Gli inibitori “substrato-selettivi” sono stati sviluppati da un team di ricercatori coordinato da Lawrence Marnett del Vanderbilt Institute of Chemical Biology e riescono ad aumentare i livelli degli endocannabinoidi, senza effetti collaterali non solo gastrointestinali, ma anche cardiovascolari. Gli studi clinici sull’uomo dovrebbero iniziare nei prossimi anni e potrebbero aprire la via alla creazione di un innovativo farmaco contro i disturbi dell’umore e gli stati ansiosi. L’indagine è stata descritta su Nature Neuroscience.
Se questi gli inibitori funzioneranno anche sugli esseri umani, senza effetti collaterali, potrebbero aprire la strada a nuove cure per il trattamento dei disturbi dell’umore e d’ansia. ” A questo punto abbiamo aperto una porta che ci apre nuovi campi di ricerca – spiega Sachin Patel, professore di Psichiatria e di Fisiologiae Biofisica Molecolare – Per ora abbiamo appena scalfito la superficie di questo settore di ricerca”.
“Noi pensavamo di sapere tutto quello che c’era da sapere sugli inibitori modificati chimicamente dell’enzima COX-2, – ha spiegato Lawrence Marnett, direttore del Vanderbilt Institute of Chemical Biology e coautore dello studio – .Ora l’approccio utilizzato dal team di Vanderbilt è un modo molto potente per aiutare a progettare la prossima generazione di farmaci. Nei prossimi anni inizieremo a lavorare su questi medicinali”.
da “Repubblica.it“
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